«Mettiti in Proprio - senza soldi» – Presentato il libro di P. Trentini
Titolo: Mettiti in Proprio - senza soldi
Autore: Paolo Trentini
Editore: Errekappa Edizioni 2009
Pagine: 160
Prezzo: € 19,00
Siamo
stati alla presentazione del libro di Paolo Trentini e non abbiamo
resistito a fare il nostro intervento. D’altronde, l’argomento ci stava
particolarmente a cuore. Nella Sala Rosa della Regione erano presenti
più di 100 persone, molte delle quali decisamente titolate. Tutti, ci
pare, hanno apprezzato l’iniziativa editoriale. Quindi faremo una
recensione del libro più approfondita del solito.
Nella foto, a sinistra l'autore e a destra l'editore
IL CONTENUTO
«Mettiti in Proprio - senza soldi» è una guida
completa e compatta nella quale vengono analizzate le principali
caratteristiche necessarie per chi vuole avvicinarsi al mondo
dell’imprenditoria.
Strutturato in modo da descrivere sia gli aspetti tecnici che
motivazionali, Mettiti in proprio - senza soldi affronta l’argomento
del fare impresa analizzando le caratteristiche che identificano
l’imprenditore, le azioni concrete da compiere nella fase iniziale di
apertura di un’attività assieme alla giusta carica motivazionale. È un
manuale su come muovere i primi passi per intraprendere il lavoro
autonomo in modo consapevole, produttivo, ed efficace. Il testo è
corredato inoltre da esempi e testimonianze di persone che hanno
vissuto questo tipo di percorso verso l’affermazione professionale.
Si tratta del primo scritto dell’imprenditore trentino, libero
professionista nelle consulenze aziendali, in cui l’autore mette a
disposizione il proprio sapere, maturato in anni di esperienza «sul
campo», a coloro, che oggi, hanno il desiderio di mettersi in proprio,
ma che non possiedono le nozioni basilari e le conoscenze oggettive di
cosa significhi concretizzare nella pratica tale scelta.
Mettiti in Proprio - senza soldi non è soltanto un libro ma un progetto
articolato comprendente anche servizi di consulenza, lezioni in aula e
un sito dedicato (www.mettitiinproprio.com),
per coinvolgere il lettore a conclusione del libro, non lasciandolo
solo nel momento più delicato qual è la messa in pratica di quanto
teorizzato.
IL COMMENTO
La pubblicazione ha il pregio di essere un manuale
che può effettivamente aiutare i giovani a chiarirsi le idee nella
decisione di intraprendere la strada dell’imprenditore.
Va detto subito però che il testo è più emozionale che motivazionale,
in quanto più che aiutare il lettore a capire a cosa andrà incontro, lo
aiuterà a prendere la decisione fatale senza pensarci troppo.
Apprezziamo molto i simpatici argomenti addotti per portare i ragazzi
sulla strada del successo, tra i quali quello che vogliamo ricordare di
più è il motto che noi abbiamo sempre abbracciato: «L’ho sognato,
quindi posso farlo…».
Ricordatevelo, ragazzi, potete farlo.
Decisione, quella di mettersi in proprio, che noi caldeggiamo indubbiamente per molti validissimi motivi.
Il primo è che è sempre meglio avere tanti datori di lavoro (i clienti)
piuttosto che uno solo (il titolare) dal quale dipendere in tutto e per
tutto.
Il secondo è che il 95 percento degli imprenditori guadagna molto di
più di un lavoratore dipendente, mentre non supera l’uno permille il
numero dei lavoratori dipendenti che guadagnano più di un datore di
lavoro medio. Per la legge dei grandi numeri è dunque più facile
guadagnare bene da imprenditore mediocre che da dipendente di successo.
Il terzo è che il più delle volte l’imprenditore può decidere in tutto
e per tutto, mentre i suoi collaboratori al massimo gli danno dei
preziosi pareri (tra questi anche per i consulenti, e quindi
l'autore stesso del libro). Insomma l’onere e onore principale
dell’imprenditore è quello di fare il direttore generale «senza
condizioni».
Ma il motivo più importante di questa scelta è dato dal valore che
l’imprenditore riesce ad aggiungere alla propria comunità. La città, la
provincia, la regione e il Paese sono ricchi o poveri a seconda del
livello imprenditoriale della gente che ci vive. Quando la Fiat ha
avuto l’incredibile successo di uno stato Americano (il Numero Uno al
mondo) che gli «regala la Chrysler» e gliela finanzia a patto che la
faccia funzionare, tutti noi ci siamo sentiti orgogliosi di appartenere
ad un paese che ha generato la Fabbrica Italiana Automobili Torino.
Gli aspetti negativi per chi fa la scelta di diventare imprenditore,
tuttavia, secondo noi avrebbero dovuto essere palesati in maniera più
concreta. E ne vogliamo riportare alcuni.
Il più importante è di natura altrettanto esistenziale: imprenditori si
deve nascere ma, soprattutto, lo si deve diventare. Un errore piuttosto
diffuso è quello di divenire dirigente aziendale e pensare per questo
di poter fare anche l’imprenditore tout-court. Chi scrive era diventato
dirigente a 27 anni e quando si mise in proprio, tre anni dopo, era
convinto che gli sarebbe bastato esercitare liberamente la propria
professionalità per fare l’imprenditore. Nulla di più sbagliato: per
farlo ci vuole qualcosa in più. Qualcosa che nessuna scuola può
insegnarti. Ci vuole la capacità di calibrare i vari fattori
dell’impresa, cosa che solo un direttore generale ha avuto modo di
sperimentare. Ma ancora deve avere una marcia in più: deve avere
«fiuto», intuito per gli affari. Non si deve lavorare solo per
coordinare nel tempo capitale, lavoro e richiesta di mercato, ma
soprattutto per generare reddito. L’imprenditore insomma, da questo
punto di vista, può essere diverso dal «vuccumprà» solo dal punto di
vista morale, cioè operare in piena legalità.
Altri aspetti sono più leggeri, ma che a volte possono essere pesanti come una montagna.
La mancanza iniziale di soldi è superabile con la volontà e lo spirito
di sacrificio. Per continuare la metafora, il sottoscritto quando si
era messo in proprio era passato da uno stipendio invidiato da tutti a
quello della sua segretaria: un quinto di prima. Nessun problema, sia
ben chiaro, ma va tenuto conto che ci vuole comunque pazienza e
capacità di adattamento. Insomma, va tenuto conto che anche il/la
partner deve essere d’accordo e sapere a cosa si va incontro quando ci si mette in proprio senza denaro: tutti in famiglia devono remare dalla stessa parte.
Un altro aspetto secondario ma decisamente importante è la posizione
che si occupa nella propria impresa, che è quella del dirigente
generale. L’imprenditore deve ricordarselo bene: sopra di lui non c’è
nessuno. In parole più chiare, lo scaricabarile finisce sulla sua
scrivania. Per tutta la vita imprenditoriale dovrà essere sempre lui a
decidere, a prendere la decisione finale. Quello che da dipendente era
un sogno, nella realtà potrebbe diventare un incubo.
Il terzo aspetto sta la capacità di decentrare, di credere nei
propri dirigenti così come non facevano i suoi superiori quando era al
loro servizio. Sembra una sciocchezza, ma è la chiave di volta.
Un’impresa diventa tale solo quando puoi permetterti di morire senza
che l’azienda ne abbia a soffrire. Come fare? Beh, proviamo a
ricordarci come eravamo da dirigenti e mettiamoci nei panni dei nostri
stretti collaboratori. Cerchiamo di cavare i falsi obbiettivi dai loro
suggerimenti e dirigiamoli alle reali problematiche della società.
Facciamoli crescere, senza paura che un giorno si mettano a loro volta
in proprio: se accadrà vorrà dire che abbiamo fatto un bel lavoro e noi
siamo pronti a ricomincia daccapo e sostituirli con maggiore agilità di
prima.
Ecco, ci scusiamo con l’autore, ma quanto sopra ci sembrava un’aggiunta
necessaria, perché dopo la decisione di fare il gran passo,
l’imprenditore si troverà a combattere contro i Quaranta Ruggenti.
E avrà bisogno di qualcosa di più di un consulente per uscire dalla
tempesta. Ci uscirà, lo sappiamo consultando le statistiche, ma è
inutile nascondere le difficoltà. Come dicevamo sopra, comunque sarà
lui a comandare la nave.
In conclusione, vogliamo rilevare una coincidenza che l’autore non
poteva aver messo in conto quando ha iniziato a scrivere il saggio: la
crisi mondiale. Noi, su questa testata ne parliamo da un anno e mezzo,
ma i big dell’economia che l’hanno prevista sono stati davvero pochi
(uno di questi, guarda caso, Marchionne, AD della FIAT). Ma in realtà
pochi avrebbero capito che nel 2009 decine di milioni di persone in
Europa si sarebbero trovati a rischio di disoccupazione. Tra questi, lo
ricordiamo, i posti più a rischio sono quelli dei quadri,
cioè i piccoli dirigenti. Ci spieghiamo con la stessa metafora. Quando
un veliero si trova a navigare in alto mare in condizioni
sostanzialmente normali, sono i quadri a far andare la nave meglio
delle altre. Ma quando c’è la burrasca, si devono ammainare le vele e
issare la tormentina. A quel punto la nave va avanti da sola, con il
comandante e i soli marinai.
Bene, signori «quadri», è il vostro momento. So che non avevate nessuna
intenzione di mettervi in proprio adesso che cominciavate a
capitalizzare lo stipendio superiore e la buona posizione sociale. Ma
non c’è alternativa. Se non potete mantenere le posizioni, o fare un
passo indietro, o lo fate avanti.
Avete dubbi? Leggetevi il libro di Paolo Trentini «Mettersi in proprio-senza soldi», chiudete gli occhi e provate a sognare…
Un solo particolare del libro ci è sembrato inadeguato, il prezzo.
G. de Mozzi